La dolorosa morte di Corradino di Svevia

La vittima di Carlo d’Angiò, “l’orfano ‘e pate” è Corradino di Svevia, decapitato a soli sedici anni il 29 ottobre dell’anno 1268 a Napoli a Campo del Moricino oggi Piazza Mercato. Fu l’ultimo regnante della famiglia degli Hohenstaufen . Il padre era Corrado IV, figlio di Federico II, nipote quindi di “Stupor Mundi”.

Il padre morì quando Corradino aveva solo due anni e per diritto dinastico  Corradino di Svevia, anche contro il volere di Papa Innocenzo, fu re di Sicilia dal 1254 al 1258 con il nome di Corrado II, e re di Gerusalemme dal 1254 al 1268 con il nome di Corrado III.

Alla morte dello Zio  Manfredi, quando aveva solo quattordici anni, fu chiamato in Italia dai ghibellini e fu accolto trionfalmente a Pisa, capisaldo dei ghibellini e, inaspettatamente a Roma la città eterna. Si rifiutò, nonostante le pressanti richieste, di mettere ai ceppi il Papa, rifugiatosi a Viterbo,  e proseguì con le sue truppe verso Napoli per impossessarsi del trono che gli spettava e dove v’era una grande insofferenza nei confronti dei francesi di Carlo d’Angiò alleati della Chiesa.

Il 12 agosto del 1268 a Tagliacozzo nella Marsica abruzzese avvenne lo scontro tra i due eserciti. Dopo una apparente vittoria iniziale dei tedeschi e dei ghibellini, i francesi e i guelfi di Carlo ebbero la meglio anche ricorrendo a stratagemmi quale quello di far apparire nel campo di battaglia un falso Carlo d’Angiò. Fu la fine. Corradino cercò di riparare a Roma memore delle precedenti accoglienze ma la città questa volta le fu ostile e fu tradito da un nobile Frangipane nel tentativo di imbarcarsi alla volta di Pisa.

Carlo d’Angiò fu terribile nel vendicarsi dei romani e procedette ad esecuzioni sommarie e agghiaccianti contro inermi cittadini laziali colpevoli di aver dato accoglienza a Corradino che fu catturato e tradotto in catene a Napoli. Qui a Piazza Mercato all’alba del 29 ottobre del 1268, dopo un processo farsa in cui fu accusato di oltraggio alla maestà del Papa, Corradino a soli 16 anni fu ucciso mediante decapitazione e i suoi resti furono coperti da sassi nel vicino arenile prospiciente il mare della zona che i napoletani chiamano “ ‘a petra ‘o pesce”.

“Il leone artiglio’ l’aquilotto ad Astura,  gli strappò le piume e lo decapito’”. È scritto in latino su una colonna della chiesa di  Santa Croce e Purgatorio al Mercato, chiesa eretta esattamente sul luogo della decapitazione di Corradino. Ma il suo corpo è custodito nella vicina chiesa di Santa Maria del Carmine adagiato ai piedi della bellissima statua che lo raffigura. Il suo nome è rimasto leggenda nei secoli. “…Un giovinetto pallido, e bello, con la chioma d’oro, con la pupilla del color del mare, con un viso gentil da sventurato, toccò la sponda dopo il lungo e mesto remigar de la fuga. Avea la sveva stella d’argento sul cimiero azzurro, avea l’aquila sveva in sul mantello; e quantunque affidar non lo dovesse, Corradino di Svevia era il suo nome. …”

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